Sul nostro prossimo congresso.

Martedì, 21 aprile 2009

La nostra storia viene da lontano.
E' il 1950 quando viene scritto l'atto costitutivo della CISL, un sindacato fondato sull'associazionismo che nasce e vive per il fatto che ci sono lavoratori che si associano per costituirlo e per farlo crescere.
Un sindacato che si fonda su un'idea di rappresentanza non orientata ad osservare in modo acritico la realtà sociale bensì all'interpretazione dei bisogni, degli interessi ed al superamento o l'emancipazione dagli stessi. E' un'offerta di rappresentanza con qualcosa in più (socialità, mutualità, solidarietà, ecc.) che viene offerta assieme a quella degli interessi.

Una rappresentanza come processo di costruzione di valori e identità, in un mondo di relazioni dove il benessere del singolo dipende dal benessere generale, dove il progetto personale è progetto collettivo, dove il mio senso sta dentro un senso più ampio, dove sentirsi parte e prendere parte diviene cultura associativa ed organizzativa.

La nostra matrice culturale, quella del personalismo comunitario, pone la persona al centro dell'attenzione e quindi al centro delle politiche sociali e contrattuali. E non solo la persona fine a se stessa ma la persona inserita in una comunità che si qualifica in una dinamica continua e reciproca, di scambio e mediazione.
Perciò quando affermiamo l'esigenza di una educazione alla persona ed alla sua responsabilità intendiamo sostenere l'dea di una formazione non solo per resistere al mondo, ma anche per contribuire al mondo, sapendo accogliere le tante culture ed i loro valori dentro una visione plurale ed inclusiva, e riconoscendo tutte le risorse di una società complessa e pluralista che va oltre l'età delle ideologie e del conflitto sociale come elemento di identità sociale.

Forte dell'idea della responsabilità personale e collettiva la CISL propone una esperienza associativa libera, democratica ed autonoma assumendo anche la responsabilità della rappresentanza e della contrattazione. Ciò significa, più che mai oggi, che ogni volta che si promuovono azioni di tutela dei singoli lavoratori, lo si fa in modo che tali interessi non entrino in contrasto con gli interessi collettivi e con gli interessi più generali del paese.
E lo si fa in una visione d'insieme, non di parte, attenti alle proposte, desiderosi e capaci di riconoscere a tutti la possibilità di partecipazione ed iniziativa.

"L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Con questo incipit la Costituzione proclama che la Repubblica è "fondata sul lavoro"; e non è "una Repubblica democratica di lavoratori", poiché verrebbero esclusi dalla piena cittadinanza quei molti che, per ragioni anagrafiche, soggettive ed oggettive, non sono inseribili nelle "forze di lavoro.
In positivo i costituenti hanno perciò voluto affermare che essa si fonda sul lavoro, che è anche un diritto per ogni persona di esercitare la propria capacità di contribuire al bene comune e di parteciparvi.
Lo statuto della CISL afferma lo stesso principio sancito con la Carta Costituente, sul dovere di tutti di contribuire e partecipare al lavoro e sulla affermazione della personalità umana nelle formazioni sociali.

Negli anni passati la cultura sindacale aveva alcune preoccupazioni costanti: la presenza di una forte cultura "di classe" e "dei diritti", quella nei confronti dei particolarismi, della rivendicazione, e quella che si traduceva nel timore del distacco dalla propria base causato da possibili incomprensioni per l'assunzione di responsabilità di tipo gestionale. Sono tratti che ritroviamo nelle resistenze nei confronti delle proposte di decentramento della contrattazione e nella diffidenza nei confronti dei ruoli gestionali assunti dalle istituzioni della "bilateralità", in particolar modo verso i temi del mercato del lavoro.

Entrambe queste culture, o la trasformazione della prima nella seconda con la scomparsa dei meccanismo di identità sociale fornito dalla "classe", non favoriscono certo l'utilizzo innovativo e flessibile dei processi di contrattazione.

La cultura dei diritti scoraggia le pratiche contrattuali, come tali e da sempre mediatorie e flessibili. Non solo, queste culture sembrano condurre verso una vera e propria ritrosia negoziale, una sorta di "sindrome della firma", con tratti del tutto atipici nel panorama dei grandi sindacati europei.

La cultura sindacale Cisl vuole essere invece quella del "pluralismo e della contrattazione", nella quale la contrattazione collettiva non è considerata solo come lo strumento principe dell'azione sindacale, ma anche come forma di integrazione e di partecipazione del lavoro nella società più ampia e nei suoi processi di sviluppo.

In questo senso gli attori collettivi, cioè gli agenti che nella vita sociale e politica agiscono in rappresentanza di interessi collettivi, costituiscono un elemento irrinunciabile delle relazioni industriali; tanto più oggi, di fronte ai cambiamenti epocali delle culture e delle economie, per cui assistiamo a una nuova polarità, che trova da un lato l'individuo e dall'altro la globalizzazione, quasi in un rapporto Io-Mondo rispetto il quale recuperare la dimensione associativa come visione integrata, coordinata, relazionale, non frammentata.

È questo il prossimo ruolo per il nostro sindacato. Tenere insieme le parti, ricercare il dialogo e il compromesso, mediare tra loro e con loro rispetto alle nuove incognite ed opportunità.

Per questo penso che dovremo vivere una stagione di grande attenzione ai temi della ragione, visto che essa, da che mondo e mondo, esercita il dubbio, soppesa i pro e i contro, induce ad una maggiore relatività del proprio punto di vista di fronte alla complessità di tali incognite.
La materia bioetica o i temi della sicurezza, il principio all'autodeterminazione o alla giustizia sociale, devono attraversare la libera scelta della ragione di tutti, senza richiami etici o giudizi morali. Solo così il rispetto alla persona e alle sue scelte è forte e consapevole, divenendo terreno di rappresentanza per chi, come la CISL, intende affermare la centralità della laicità e della democrazia.

"L'uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà" ( Gaudium et spes 17, Vaticano II). Il modo con cui viene organizzata la scuola, con cui vengono organizzate le realtà lavorative, con cui si organizzano le associazioni od altro, deve sempre seguire questo principio, nel rispetto delle persone e delle loro culture.
Se è vero che valori e conoscenza scientifica non necessariamente devono opporsi fra loro, come Pascal aveva coraggiosamente sostenuto, allora dovremo avere il coraggio di ricercare delle regole che possano individuare, in questa società globalizzata, il modo giusto e più rispettoso per entrare in contatto con le altre istanze sociali e le altre culture.
E' solo con le regole che l'identità si trasforma in destino scelto e libero, ed è con la ragione che la libertà può essere intesa in senso forte e responsabile.

La CISL ci invita ad esercitare la ragione e la responsabilità per fare della nostra rappresentanza uno spazio di giustizia e di solidarietà. Sono convinta che questo sia il nostro secolo. A maggior ragione di fronte a una crisi che è di assestamento mondiale. Che ha visto la Politica impotente e rinunciataria negli anni in cui il cambiamento è iniziato. Una parte del mondo a noi noto è già cambiato e avrà ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. La crisi passerà ma nulla più tornerà come prima.
Per questo ci vuole la Cisl di cui ho parlato per far si che il cambiamento in atto non sia contro le persone, contro le comunità in cui si vive, contro di noi.

Fare della nostra rappresentanza uno spazio di giustizia e solidarietà significa prima di tutto individuare le priorità, fare proposte. Significa non limitarsi a protestare ma indicarla la strada. Proporre un idea di sviluppo sostenibile per la terra e per le persone. Fondato su democrazia e lavoro.

Franca Porto, Segretaria Generale Usr Cisl Veneto

XVI Congresso Cisl