Quando le scuse non bastano

Giovedì, 18 luglio 2013

Le scuse sono sempre gradite, a chi le porge come a chi le riceve. Un modo semplice, immediato, umanissimo per riparare a piccoli o grandi danni: una gomitata involontaria data o ricevuta in autobus, una parola detta in più in una discussione. Quando si è fatto veramente del male si deve però andare oltre e, oltre alle scuse, si deve chiedere anche il perdono, dimostrando di aver capito che si è sbagliato e condannando ciò che si è fatto. Sono regole che valgono per tutte le culture, religiose o laiche. Così hanno fatto i rappresentanti di quelle nazioni che si sono macchiate di genocidio e le loroscuse sono state accolte come atto d’onore.

Quelle inviate al ministro Kyenge dal vicepresidente del Senato e dall’assessore Stival e, anticipiamo, tutte le prossime che verranno dalla stessa compagnia politica, non ci hanno invece convinto. Per il semplice fatto che i due rappresentanti delle nostre istituzioni non hanno nemmeno ammesso (per meglio dire: dimostrato di avere capito) la gravità di ciò che hanno fatto. Certamente una persona intelligente e posata come Cècile Kyenge, cosciente (lei sì) del suo ruolo istituzionale non poteva non accettarle. Noi però dobbiamo non accettarle.

Perché queste offese non sono un incidente, una scivolata (tutti possono averne, ci mancherebbe altro) ma una delle tante espressioni con cui questi politici (crediamo in minoranza anche nel loro partito) hanno rappresentano un pensiero che è un misto di intolleranza, razzismo e sessismo. Basta leggere le cronache o ciò che veniva riportato sul profilo di Facebook di chi ricopre la massima carica politico-istituzionale deputata alle politiche per l’integrazione nella nostra regione, chi dovrebbe essere partner del ministro Kyenge su problematiche così complesse.  

Avremmo accettato le scuse se gli interessati avessero, dopo una facile auto-certificazione di non essere razzisti, ammesso di aver usato termini, immagini, frasi chiaramente razziste.  

Se avessero ammesso di aver finora sbagliato l’approccio e l'atteggiamento così da far apparire la cancellazione dei documenti posti nel più pubblico dei mezzi di informazione, internet, non come un tentativo di far sparire le prove ma dimostrazione della volontà di ricominciare da capo.  

Se, oltre alle scuse al ministro, le avessero poste ai loro seguaci per averli portati un’altra volta sulla strada sbagliata e anche, e più ancora, ai cittadini italiani e veneti (immigrati compresi) per averli così mal rappresentati.

Di tutto ciò non c’è traccia. Tanto che si continua a fare sponda, che altri riprendono il coro delle offese.

Ulteriori conferme che non possiamo più accettare rappresentanti delle istituzioni che giocano col fuoco nel bel mezzo dell’incendio della crisi.: inammissibile se lo fanno coscientemente, inaccettabile se ne sono incoscienti.