Oltre l’11 settembre, anche il sindacato può fare qualcosa

Giovedì, 11 settembre 2014

La frattura politica e culturale dell’11 settembre a distanza di 13 anni non si è ancora ricomposta.

Le guerre che si sono succedute dopo gli attentati di New York e al Pentagono non hanno risolto granché, anzi.

Le formazioni politiche e i loro bracci armati che si alimentano ideologicamente nelle dottrine del fondamentalismo islamico e dell’odio verso l’Occidente si sono moltiplicate e diffuse dal Medio Oriente all’Africa mettendo in seria difficoltà i tentativi di Obama e dei suoi alleati (noi compresi) di deporre le armi e passare la parola alla politica.

Lo “scontro tra civiltà” viene alimentato giorno dopo giorno da nuovi orrori, pregiudizi, contrapposizioni. Interessi economici e di potere, grandi e piccoli, internazionali o locali, coltivano questa febbre che incenerisce secoli di storia, percorsi di crescita, democrazie agli albori.

Da più parti si pensa che la soluzione sia quella di erigere nuovi muri, alzare confini, marcare le divisioni, anche in campo religioso accettando così l’assurdo che siano le fedi a causare i conflitti. Noi crediamo invece che debba prevalere la reciproca conoscenza, la ricerca dei valori comuni, il superamento delle diffidenze e dei luoghi comuni, il rispetto per le comunità ospitanti.

In Italia, come in Veneto non si sta affrontando adeguatamente le questioni poste dalla presenza di una di una fede diversa da quella cattolica e praticata non da esigue minoranze ma da una numerosa e composita comunità composta in grandissima parte di immigrati ma anche dai figli nati in Italia e cittadini italiani. Non si tratta di un mondo a parte, abitanti di un’isola o di un quartiere, ma persone insieme alle quali lavoriamo, andiamo a scuola, conviviamo.

Una realtà che riguarda direttamente anche il sindacato e quindi la Cisl. E’ difficile ogni trovare un capannone dove non vi sia occupato un operaio di fede islamica (anzi: sono sempre più i capannoni dismessi che diventano moschea). Molti nostri iscritti e delegati delle federazioni del lavoro privato tengono la tessera sindacale poco distante dal Corano.

L’ampiezza della nostra rappresentanza (abbiamo associati anche di altre credenze: cristiani, indù, sikh, buddhisti, per stare sulle maggiori) ci pone nelle condizioni di parlare con il linguaggio universale dei comuni diritti di chi lavora, della forza del mettersi insieme, della solidarietà, della emancipazione e della promozione sociale, proponendo a tutti spazi di convivenza civile e la aperta condanna di ogni forma di violenza e di integralismo.

L’11 settembre va ricordato, come da anni sottolineiamo, anche come una strage di lavoratori di diverse fedi. Lo abbiamo fatto, con grande commozione, lo scorso anno a Padova insieme al sindacato dei lavoratori elettrici americani ricordando i loro morti alle Torri Gemelle, tra i quali numerosi figli di immigrati italiani.

Ecco, questo può essere il nostro contributo per andare oltre l’11 settembre: insistere nel sottolineare che il progresso del lavoro e l’emancipazione dei lavoratori, in qualsiasi parte del mondo, di qualsiasi lingua, credo e colore, passa per pace, la fine delle discriminazioni, la equa ripartizione delle risorse, il rispetto delle diversità e la conoscenza delle differenze anche per scoprire, alla fine, che siamo molto più simili, nel bene e nel male, di quanto pensiamo.