Mediterraneo, il mare comune: l’unica barriera al terrorismo fondamentalista

Domenica, 22 marzo 2015

Prendiamo uno dei tanti rapporti sulla immigrazione in Italia e ne facciamo una mappa segnando i principali paesi di provenienza dei 3 milioni di stranieri che sono venuti in Italia per lavorare. Poi la sovrapponiamo a quella dell’Impero Romano ai tempi del suo massimo splendore. Scopriremo che l’80% degli immigrati attuali arriva da territori che, allora, si trovavano entro i confini del SPQR.
In mezzo a questa parte del mondo c’è il Mediterraneo: un mare che non è mai stato barriera tra le diverse terre che lo circondano ma, al contrario, ha da sempre favorito un incessante scambio di uomini, culture, religioni, usanze e merci. (Sarebbe interessante mettere a confronto il mercato del lavoro dell’Italia degli imperatori romani con quello di oggi !).
La Tunisia, come gli altri Paesi della sponda meridionale, è in questo ineguagliabile circuito storico-culturale. Ce lo ricorda, drammaticamente, l’attentato terroristico a Bardo, la cittadina dove si trova l’omonimo museo. Al Bardo troviamo la più ricca collezione di mosaici romani, compresi alcuni di epoca cristiana, esistente al mondo. Tutti provenienti dalle città e dalle ville romane che sorgevano nelle terre strappate alla rivale Cartagine. La sede del museo è un meraviglioso palazzo fatto costruire dal Bey, il Signore, di Tunisi. Il nome della città, Bardo, deriva poi dallo spagnolo, e significa “giardino”. Antichi romani (cioè un insieme di popoli), cristiani, Islam, regni arabi, influenze spagnole e francesi: è questo il Mediterraneo, il piccolo mare che mescola con la sua acqua terre, lingue e genti diverse.
Pensarlo come un muro (d’acqua) invalicabile a difesa di confini amministrativi che sono segnati nelle carte geografiche da settanta anni (i più antichi!) è voler nascondere la testa sotto la sabbia. I profughi in arrivo sono solo gli ultimi a ricordarcelo.
Più attente di noi sembrano invece le menti che muovono il terrorismo fondamentalista capaci di compensare la scarsità di uomini e di programma politico con una incredibile potenza comunicativa che, con un uso accurato di ogni espressione dell’orrore, conquista costantemente da mesi le prime pagine dei media. Il loro obiettivo è chiaro: dividere e contrapporre con la paura musulmani da musulmani, cristiani da musulmani, laici da religiosi e poi spaccare e ricattare le nazioni, colpendo gli Stati, sbriciolando nel sangue la civile convivenza.
Questi nuovi fondamentalisti, in concorrenza perfino con i qaidisti sopravvissuti a Bin Laden, sono certamente pericolosi ma non invincibili. Il loro punto debole è proprio quel mare che per millenni a mescolato terre e genti. Ognuno di noi, nella sua storia personale e familiare, porta con sé qualcosa che lo accomuna a chi vive oggi nei territori attorno al Mediterraneo.
Sta a noi che siamo associazione di matrice internazionalistica, come e più ancora alla politica ed ai governi, far risaltare queste comuni storie passate e presenti per costruire i repellenti al terrorismo, gli anticorpi al virus che colpisce troppi giovani trasformandoli in assassini: le vere barriere protettive. Sarà il mare comune a trasportarle lungo tutte le sue sponde.