Le tasse che ci piacciono hanno un solo scopo

Domenica, 13 novembre 2011

Ai veneti, quelli che già pagano le imposte, la politica regionale (bipartisan) propone di pagare anche una tassa di scopo per sostenere i costi del piano (l’elenco delle opere prioritarie) per la messa in sicurezza idraulica del territorio regionale. Altro non si può fare visto che soldi non ce ne sono, né a Roma né a Venezia.

A noi, organizzazione di quelli che le tasse le pagano, l’idea non dispiace. Mettere in sicurezza il Veneto è una priorità che va realizzata, come ci ha ricordato il prof. Dalpaos, con determinazione e perseveranza. Ma proprio per la parte sociale che rappresentiamo chiediamo a chi propone questa tassa di fare una premessa mentre pretendiamo da chi, eventualmente, la dispone di attenersi ad una precisa regola.

La premessa. Noi riteniamo che non esista la “tassa di scopo”: tutte le tasse hanno ragione di esistere se hanno uno scopo. Il “fiscus” dell’antica Roma era dapprima il cesto, la cassa, dove si versava l’obolo per l’imperatore. Lo scopo era chiaro: mantenere l’imperatore significava garantirsi un governo, la difesa, la rappresentanza. Poi lo scopo divenne quello di pagare anche le opere pubbliche, collettive, quelle che servivano cioè a tanti o a tutti.

Anche le tasse che ora paghiamo hanno tutte uno scopo. Sono però in eccesso quelle destinate a mantenere l’imperatore, mentre sono insufficienti quelle per le opere pubbliche. Molte infine quelle consumate per pagare i debiti.

Si è fatto credere, per anni, a molti di noi, che si poteva conservare lo scopo (servizi pubblici, welfare, infrastrutture e… l’imperatore) senza pagare le tasse. Molti sono stati convinti che si potevano pagare cioè i debiti, le pensioni, la scuola e fare ponti e strade, enti di tutti i tipi (tanto per citare) togliendo le tasse. Fino a qualche mese fa a parlare di tasse si rischiava l’esecrazione generale. Noi, ad esempio, ci ricordiamo la vicenda veneta dell’addizionale Irpef per la sanità.

E’ finita come sappiamo: gli stessi di sempre pagano più tasse, gli stessi di sempre ne pagano molto meno o quasi nulla, i debiti aumentano, i cantieri, pubblici e sociali, chiudono i battenti e non abbiamo i soldi nel non tornare a finire nel fango.

La premessa che vogliamo quindi sentire da tutti coloro che propongono una qualsiasi nuova imposta è di ammettere che le tasse servono, che non sono il male assoluto, che un Paese sviluppato economicamente e coeso socialmente ha le sue fondamenta anche su una fiscalità ampia e partecipata da tutti. Lo vogliamo sentire a chiare lettere e non in politichese. Per dirlo con una parola: vogliamo sentirlo alla europea.

La regola. Per ciò che tutti sanno, e cioè che qualcuno paga tutto (e anche molto in proporzione) e qualcun altro paga poco (poco o niente rispetto a quello che possiede) ogni nuova tassa deve avere un unico, questo sì, vero scopo: riportare equità e proporzionale partecipazione in quello che entra nel “fiscus” e anche in quello che vi esce.

Ci attendiamo quindi che chi disporrà la norma di legge per l’introduzione della tassa abbia prima approvato la riduzione della parte di fisco che va all’imperatore (per restare in ambito Regione: vitalizi, costi dei gruppi consiliari, vendita dei beni non necessari, ecc.) e poi, permanendo la necessità di recuperare ulteriori risorse, concordi con le Parti Sociali, sicuramente con quelle che rappresentato il reddito dipendente, una forma di tassazione che lasci in pace chi ha poco e chieda progressivamente di più a chi più ha.

Queste sono le nuove tasse che ci piacciono, perché hanno uno scopo chiaro, perseguito grazie ad una pratica federalista responsabile, perché sono un segnale che anche le note della musica fiscale, e non solo i musicisti, devono cambiare.

Franca Porto

Segretaria Cisl Veneto