La manovra: non sempre il male viene per nuocere

Venerdì, 28 maggio 2010

La manovra di aggiustamento dei conti pubblici, pur nella asprezza della necessità, potrebbe però rappresentare anche una occasione per il nostro Paese, per il governo e per la politica. Sappiamo che la sua definizione è ancora aperta. I suoi contenuti sono ancora allo stato fluido, forse perché si sta assaggiandone gli effetti sull'elettorato prima di metterli nero su bianco. Prima della loro pietrificazione in provvedimenti di legge (forse definitivi, come ha annunciato il sottosegretario Letta) vi è la possibilità di includervi, e non solo come enunciazioni, scelte concrete di equità nella ripartizione dei sacrifici, di efficienza e riduzione degli sprechi nel settore pubblico, di effettivo contributo alla riduzione del debito da parte della classe politica. Che questa trasformazione di una difficoltà in una ancora più consistente opportunità sia possibile non è puro ottimismo. Alcuni fatti ci incoraggiano a sperare. Innanzitutto che la vituperata Europa (l'Unione Europea, si intende) non è più una nuova e più grande "perfida Albione", come è stata dipinta in Italia da molti esponenti dei governi di centrodestra che si sono succeduti dopo l'introduzione dell'euro. Anzi l'Unione è tornata ad essere il riferimento delle politiche forti, l'euro la divisa forte per un'economia in crisi, la Commissione il governo grande che tutela anche i singoli Stati. Anzi, dopo le titubanze sulla vicenda Grecia, si chiede più Europa. Lo stesso Presidente del Consiglio nel presentare i temi dei meno 25 (i miliardi di euro da risparmiare in due anni per sistemare i conti pubblici ed evitare che l'onda speculativa risalga il Mediterraneo) ha premesso che la manovra ci è richiesta dall'Europa. Si tratta di un segnale politico importante (semprechè non puramente strumentale. Così come lo sono le dichiarazioni del presidente della Repubblica ed infine le posizioni espresse da una parte della opposizione e del sindacato e la proposta (che riprende quella nostra, richiamata più volte da Bonanni) della Marcegaglia sul tavolo per lo sviluppo. Un cambiamento di marcia è quindi possibile e può concretizzarsi proprio in questa manovra. Ne avremmo veramente bisogno perché la crisi non è per niente finita, specie per l'occupazione, perché se l'economia internazione si riprende noi dobbiamo esserci, perché dalla crisi non può uscirne un Paese dove si sono create tante "bad society" sulle quali vengono scaricate colpe e paure (immigrati, pubblico impiego, politici, giudici, ecc.). Ci attendiamo quindi misure più severe per combattere l'evasione fiscale, il lavoro nero, la corruzione. Ci aspettiamo non più tasse ma una tassazione più giusta sulle rendite e sui grandi redditi. Anche il costo della politica (non la politica!) può essere ridotto seriamente non tanto per i risultati quantitativi ma per quelli etici. Certo che da questo punto di vista la vicenda province si/no, forse non è esaltante. Però è giusto pretendere qualcosa di più concreto non sono sotto il profilo ragionieristico dei conti economici ma anche quello politico dei conti etici. Se così fosse potremmo proprio dire che "non tutto il mal vien per nuocere".

manovra correttiva 2010, provvedimenti governo