L’Italia semplice, occasione per una buona occupazione

Mercoledì, 01 febbraio 2012

La complicazione delle cose, specie dei rapporti tra cittadino, impresa e amministrazione pubblica,  fino a qualche decennio fa, produceva indubbiamente posti di lavoro. Nel privato con la creazione di una potente esercito di studi professionali, agenzie, società la cui attività consiste nell’offrire servizi per garantire il rispetto degli adempimenti, delle procedure, degli obblighi connessi al rispetto di un dovere o all’accesso ad un diritto o ad una opportunità. Nel pubblico con la progressiva crescita del personale addetto a girare e rigirare documenti, domande, richieste prima di produrre una risposta.
Quando, negli anni ’80, si presentò alle porte del sistema amministrativo italiano la rivoluzione informatica e poi telematica, qualcuno paventò se non una consistente perdita di posti di lavoro resi inutili dalle nuove tecnologie, la trasformazione del lavoro svolto da molte persone (meno burocratico, più telematico). Così non è stato.
La lentezza con cui si sono introdotte le nuove tecnologie nella pubblica amministrazione, la frammentazione delle gestioni, la modesta alfabetizzazione informatica, la scarsa cura nella informatizzazione dei servizi (tra l’altro assegnati tutti ai privati mentre potrebbero essere beni e competenze di proprietà pubblica, come in altri Paesi ben più liberisti del nostro) hanno fatto sì che, nonostante le molte leggi per la semplificazione (a cominciare dalle ancor famose “leggi Bassanini” del triennio 1997-1999), quel poco che è stato semplificato sia stato rimpiazzato da una, ben più abbondante, complicazione.
Gli effetti occupazionali sono stati quelli di una modesta e pulviscolare crescita dei posti di lavoro e dell’imprenditoria sulle nuove tecnologie ed un ulteriore aumento delle persone occupate nel settore pubblico addette a mansioni di puro disbrigo burocratico.
Gli effetti sui conti pubblici, sui cittadini, sulle imprese e sulla competitività del sistema ma anche sulla sicurezza del Paese non serve descriverli.
Il gap dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei ed in generale con i Paesi con cui ci confrontiamo ogni giorno in molti aspetti è diventato mano a mano più ampio, e sempre a nostro sfavore.
Il governo Monti ha puntato molto nella semplificazione ottenuta grazie ad un uso completo, innovativo e generalizzato delle nuove tecnologie della informazione e della comunicazione. Nel decreto sulla semplificazione il richiamo all’Agenda digitale europea è preciso.
Se riusciamo a portarci rapidamente ai livelli della media UE potremo ottenere non solo un Paese più efficiente, più competitivo, dove la macchina pubblica è forza trainante ma anche risultati concreti su quell’obiettivo della buona occupazione che la Cisl sostiene come priorità anche per il Veneto. In particolare pensiamo alla valorizzazione del lavoro pubblico a partire dalla riqualificazione di quei lavoratori costretti a fare lavori sempre più insensati e senza qualità, alla capitalizzazione delle conoscenze e delle competenze della creazione e produzioni di servizi e strumenti informatici e telematici e alle chance in più che potrebbero nascere per i giovani.
Ecco perché l’Italia, e con essa il Veneto, ci piacerebbe più semplice. Sappiamo anche che è cosa difficile da raggiungere.