Imparare dal Tiramisù

Venerdì, 30 agosto 2013

L’attenzione sul Tiramisù, suscitata dalla iniziativa del Presidente Zaia per ottenerne il riconoscimento di prodotto made in Veneto, è un’occasione per proporre alcune riflessioni che ci permettano di capire le ragioni del suo successo, l’ennesimo per la cucina e i prodotti della alimentazione italiana e veneta. Ne vale proprio la pena perché cucina e alimentazione rappresentano culture, competenze e professionalità sulle quali vivono e crescono importanti comparti economici ed occupazionali, che, in controtendenza rispetto alla crisi, anche in Veneto continuano a dare risposte positive al lavoro alla creazione e redistribuzione del reddito.

Senza voler mettere il naso nel mestiere illustre dei cuochi credo si possa affermare che il segreto del Tiramisù sta nel mettere insieme prodotti e gusti (cioè culture gastronomiche) diverse per origine e storia: il mascarpone (lombardo), i savoiardi, il pan di Spagna (genovese), il caffè (Etiopia/Arabia) usati per la rielaborazione di un prodotto più semplice: l’uovo sbattuto con zucchero e, quando c’era, il Marsala (Sicilia).

Mettere insieme, mescolare, cercare nuovi effetti: così è anche il prodotto italiano più diffuso al mondo: la pizza composta da prodotti arrivati da tutti i continenti e che, ancora oggi, è il primo approccio con l’Italia per la maggioranza degli esseri umani in qualunque parte della Terra vivano.

Le genti che hanno abitato nel tempo le terre venete (non solo la sua attuale espressione geo-amministrativa) sono sempre state capaci ed interessate a mettere insieme, rimescolare, assimilare o modificare non solo ciò la natura o la propria cultura metteva a disposizione ma, soprattutto a prendere e ad apprendere dagli altri, vicini o lontani che fossero, geograficamente o culturalmente. Anche facendo veneti quei “foresti” che potevano ampliare e migliorare il patrimonio delle conoscenze, delle esperienze (e anche della ricchezza). Un meticciato che neppure il localismo più ottuso ha potuto cancellare ma solo non riconoscere.

Questa capacità, questa storia umana individuale e collettiva, che si esprime anche nei campi e nelle tavole, ha dato un contributo formidabile al successo del Veneto. E’ la stessa che ha determinato la fortuna di altre regioni d’Europa, comprese quelle che, crescendo, ci hanno superato in termini di benessere e qualità della vita.

Ed è ancora di questa capacità, di questa apertura mentale, che abbiamo bisogno per uscire da una condizione di crisi a cui non vogliamo arrenderci ma di cui dobbiamo prendere completa coscienza.

Servono azioni che favoriscono il mescolarsi, il cambiarsi, il rinnovarsi: diventare terra attrattiva per i giovani che studiano da qualunque parte del mondo arrivino, dare possibilità a tutti di dare il meglio di sé, sfruttare tutti i talenti e le capacità che ci sono (senza guardare al passaporto), invitare i capitali stranieri ad investire qui, togliere barriere e recinti.

La politica, chi governa ed amministra come chi rappresentanza interessi sociali o economici ampi, deve indicare questa direzione, facilitarla, incentivarla.

Dobbiamo tirarci su, e presto.