12 dicembre

Giovedì, 10 dicembre 2009

Per molti di noi il "12 dicembre" ha un solo ed immediato significato rievocativo. Non serve nemmeno aggiungervi l'anno (1969): è il giorno della strage di Piazza Fontana.
Ricordare quei giorni, a distanza di 40 anni, non è inutile, è doveroso.
Siamo ancora nel pieno dell'autunno caldo (come lo definì Montanelli), segnato da grandi mobilitazioni sindacali per ottenere contratti nuovi e riforme sociali. Vi partecipano lavoratori e studenti.
L'11 dicembre del 1969 lo Statuto dei lavoratori è approvato al Senato con l'astensione del PCI (all'opposizione).
Il giorno dopo, il 12, alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, una bomba provoca la morte di 17 persone e il ferimento di altre 88. A Roma scoppiano bombe alla Banca Nazionale del Lavoro e alla tomba del Milite Ignoto, altri 6 feriti.
La strage di piazza Fontana provoca una fortissima impressione nel paese. Ma è solo il primo di una lunga serie di sanguinosi attentati che caratterizzeranno il periodo detto della "strategia della tensione".
Pochi giorni dopo, il 21, il contratto dei metalmeccanici è firmato. La vertenza è stata asprissima ed è durata quattro mesi. Per chiuderlo serve la mediazione del Ministro del lavoro Carlo Donat Cattin. E' un contratto storico: 40 ore di lavoro, aumenti salariali uguali per tutti, diritti di assemblea e garanzie contro gli abusi disciplinari, riduzione delle differenze esistenti tra operai e impiegati.
Questi i fatti di 40 anni fa.
Quelli di oggi ne sono ancora impregnati, come un lungo drammatico romanzo storico a cui manca l'ultimo capitolo: quelli della individuazione degli autori e dei mandanti e quindi quello della giustizia. Processi fatti e disfatti, prescrizioni e annullamenti delle sentenze, depistaggi ed insabbiamenti, ci hanno lasciato, a tutt'oggi , senza una verità provata in via definitiva.
Ma sono indiscutibili i pezzi di verità emersi dall'ombra: il ruolo dei gruppi eversivi neo-fascisti veneti come quello dei servizi italiani e non. Le finalità di quelle azioni terroristiche appaiono invece subito chiare: fermare le riforme, fermare le lotte sindacali, alzare il livello dello scontro sociale (un obiettivo ripreso tragicamente qualche anno dopo dalle Brigate Rosse) e indurre a risposte autoritarie. In una parola: creare tensione per bloccare le conquiste sociali facendo arretrare la democrazia.
Noi oggi ci ritroviamo nelle parole del Presidente della Repubblica sul 12 dicembre "una lezione che non dobbiamo mai dimenticare; ci insegna che dobbiamo evitare che in Italia i contrasti e le legittime divergenze possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile".
La memoria (o la conoscenza, per i più giovani) del 12 dicembre ci serve per imparare a non dimenticare la storia, per imparare a non rinunciare alla ricerca della verità e, come ha detto Napolitano, per imparare a trovare nella politica, nel dialogo, nel confronto democratico le soluzioni dei problemi sociali.
In questo senso molti passi in avanti da quei duri giorni di dicembre sono stati fatti. Nonostante la strategia della tensione, delle bombe e del terrorismo sia passata per molti mani: neo-fasciste, dei servizi, delle lobby occulte, del terrorismo rosso e della stessa mafia.
A contribuire al suo sostanziale fallimento il costante impegno del sindacato, della Cisl in primo luogo, sul fronte della democrazia, del rispetto delle regole costituzionali e la capacità di portare a risultati concreti le attese e le lotte democratiche, ennesima dimostrazione di quanto i corpi sociali intermedi siano creatori di società civile.

In questi mesi di crisi possiamo apprezzare fino in fondo il significato di questo impegno ed avere un motivo in più per non dimenticare il 12 dicembre.

Franca Porto