A un bivio, per garantire futuro al lavoro

Venerdì, 11 giugno 2021

Le decisioni del Governo sul blocco dei licenziamenti e sulla gestione delle ricadute occupazionali della pandemia indicheranno in maniera netta la direzione che il Paese intende prendere per la ripartenza e il rilancio economico e sociale.

Siamo dunque a un bivio critico, come ci dice anche il vivace dibattito di questi giorni sul tema. Proprio per questo non è certo il momento di creare divisioni o spaccature. E nemmeno quello di evocare scenari apocalittici, rischiando di esacerbare ancor di più un clima sociale segnato pesantemente da una diffusa mancanza di fiducia e troppi risentimenti.

Serve – anzi, è l’unica via possibile – una visione comune dell’uscita dall’emergenza, che preveda e inneschi processi partecipati e condivisione degli strumenti di gestione delle crisi, aziendali e settoriali. Perciò pensiamo che il Governo abbia il dovere di coinvolgere le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, per attivare questi percorsi e promuovere buone alleanze.

Guarda a questo orizzonte la richiesta sindacale di un prolungamento generalizzato del blocco dei licenziamenti fino ad ottobre, perché è funzionale a prepararci a un passaggio graduale dalla gestione dell’emergenza Covid19 alla gestione della “nuova normalità” post pandemica. Che non sarà più la “normalità” con cui siamo abituati a confrontarci e chiederà strumenti e un approccio nuovi di cui dobbiamo costruire insieme la grammatica.

Sindacato e Associazioni datoriali devono condividere, a livello nazionale e regionale, un modello di gestione delle future crisi aziendali, che preveda anche modalità di partecipazione attiva dei lavoratori nella definizione delle sorti delle imprese e utilizzi ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro per attenuare il più possibile l’impatto sociale che verrà dalla fine del blocco dei licenziamenti.

Finora, su ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro tanto si è detto, ma un piano concreto di intervento di fatto non c’è ancora. Dal punto di vista delle seconde servirebbe valorizzare le buone pratiche già esistenti in ambito regionale (anche nel nostro Veneto) sostenendole, rafforzandole e diffondendole per farne prassi condivisa.

C’è poi bisogno di mettere in campo una condizionalità virtuosa per tutte le persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali, collegando (davvero) il diritto a ricevere un sussidio con l’obbligo di partecipare a percorsi formativi che arricchiscano le loro competenze nel periodo di non lavoro.

Infine, come Paese e come territorio regionale, abbiamo necessità di mettere finalmente a punto una strategia per affrontare il mismatch tra domanda o offerta di lavoro, questione che riemerge proprio in questi giorni e spesso alimenta un dibattito viziato e sterile. Come farlo? Ad esempio rendendo trasparenti le richieste di personale da parte delle imprese, sia sul fronte delle competenze cercate che su quello attinente i contenuti contrattuali e salariali previsti, coinvolgendo associazioni datoriali e sindacali, centri per l’impiego, operatori privati accreditati al mercato del lavoro, sistema scolastico e della formazione professionale, università.

In un tempo di grandi trasformazioni ma anche di grande transizione occupazionale, il lavoro del futuro passa per la capacità di creare un sistema che funzioni meglio nel far incontrare domanda e offerta, e che accompagni le persone senza un’occupazione a costruirsi competenze adeguate alle (nuove) richieste delle imprese e delle pubbliche amministrazioni.