2020: una svolta verso la partecipazione

Mercoledì, 08 gennaio 2020

L’avvio di un nuovo anno è sempre momento di bilanci (e di rilanci) anche in materia di lavoro. L’occasione è ancora più interessante quando la riflessione riguarda un intero decennio, come quello che ci siamo messi alle spalle, per trarne utili insegnamenti e nuove proposte d’azione.
Per molti lavoratori (veneti compresi) gli ultimi dieci anni sono stati segnati dalla perdita, effettiva o incombente, del posto di lavoro in conseguenza di una recessione che ha prodotto il declino di alcuni settori, la chiusura di innumerevoli aziende o comunque una loro ristrutturazione.
Questa condizione drammatica è stata affrontata dagli stessi lavoratori con grande senso di responsabilità nonostante non ne portassero alcuna responsabilità.
Senso di responsabilità che ha permesso di salvaguardare e rilanciare, anche a costo di severi sacrifici, molte imprese. Le RSU e il sindacato hanno fatto la loro parte, specialmente nella nostra regione.
Queste esperienze hanno costruito una storia che ora non va buttata a mare ma, al contrario, deve rappresentare il paradigma di un nuovo modo di vivere le relazioni nelle aziende.
Va infatti definitivamente superato lo schema della contrapposizione inconciliabile tra impresa e lavoratori, tra capitale e lavoro e questo è possibile se si costruiscono strumenti di partecipazione attiva dei lavoratori alla gestione delle imprese, sia sul piano dell’organizzazione del lavoro, ma anche su quello della condivisione delle scelte strategiche.
I dipendenti di un’impresa sono i soggetti più interessati alla sua stabilità, alla sua capacità di stare nel mercato e anche di crescere, anche negli utili. Sono le condizioni che meglio garantiscono la continuità del posto di lavoro e il miglioramento delle condizioni di lavoro, retribuzioni comprese.
Questo cambiamento è oggi, a crisi (quasi) superata perché siamo in mezzo ad un sostanziale cambiamento degli assetti dell’apparato industriale, che è sempre meno impresa padronale tutta locale e sempre più impresa con partecipazioni azionarie straniere o di fondi di investimento, interessati spesso più al profitto immediato che alla continuità aziendale.
Il decennio che abbiamo davanti può essere, se lo vogliamo, quello “rivoluzionario” della partecipazione dei lavoratori all’impresa e della democrazia economica.
Una scelta troppe volte proclamata, annunciata, abbozzata, praticata (qua e là) ma mai portata fino in fondo, mai diventata fondamentale e concreta nelle relazioni industriali.
Per dare gambe alla partecipazione servono una legislazione di sostegno, una forte intesa tra le rappresentanze del lavoro e un cambiamento nella cultura imprenditoriale.
Il convegno “Imprese globali, azioni locali” del 13 gennaio ha al suo centro questi temi, a cui si aggiunge una nostra ulteriore convinzione: i territori dove si pratica la partecipazione hanno una carta in più nella sfida dello sviluppo globale, sono cioè più attrattivi verso le aziende e gli imprenditori che vogliono fare “buona impresa” e, viceversa, tengono lontano avventurieri e speculatori.