Senza riforma

Lunedì, 05 dicembre 2016

La vittoria del No, maggioritario tra gli elettori veneti, oltre a livello nazionale, è stata festeggiata da quell’ampio e variegato schieramento politico che si è battuto contro l’entrata in vigore della riforma costituzionale approvata a maggioranza in Parlamento. La soddisfazione che accomuna tutti i sostenitori del No sta nell’aver tirato un duro colpo al governo e al Presidente del Consiglio che si è dimesso.

Noi rispettiamo il voto popolare, come quello dei nostri iscritti che hanno espresso questa scelta, ma  non partecipiamo a questo coro per più di un motivo.

In primo luogo perché avevamo valutato, guardando alla sostanza e nonostante alcune criticità, come positivo ed utile per il Paese l’impianto della riforma Boschi che andava, finalmente, incontro alla inderogabile necessità di aggiornare l’ordinamento della nostra Repubblica. Un ordinamento che, con il suo bicameralismo perfetto e l’esorbitante numero di rappresentanze politiche ed amministrative rimane, nell’ambito dei paesi democratici di tutto il mondo, qualcosa di unico e sempre più anacronistico.

Poi, senza essere pessimisti, non possiamo non essere preoccupati dal fatto che il vincente “fronte del No” non ha una proposta comune di riforma alternativa: ogni sua componente ha proposto fino ad oggi ipotesi contrapposte l’una all’altra su tutti i principali aspetti.

Affondata questa riforma non sembra quindi che ce ne sia un’altra, con maggiori chance, da portare avanti.

Nella speranza di essere smentiti dai fatti, ciò che vediamo al momento è un indebolimento dell’Italia nel contesto internazionale, europeo specialmente, che potremmo pagare caro.

Tra i rischi che si paventano vi è anche quello di una nuova mancata resa dei conti con elezioni politiche anticipate che, svolgendosi con sistemi elettorali totalmente diversi per ognuna delle due Camere, potrebbero produrre due diverse maggioranze e quindi il blocco totale della governabilità, salvo il tornare alle tanto abiurate “grandi intese”.

In questa pericolosissima situazione alle rappresentanze del lavoro e delle imprese sono chiesti un impegno ed una assunzione di responsabilità ancora maggiori.

Il sistema produttivo e lavorativo che ha cominciato a riprendersi dopo 7 anni di recessione, va posto, per quanto possibile, al riparo dalle turbolenze politiche interne, perché già di suo deve affrontare quelle della globalizzazione e di un contesto internazionale dove le incognite  economiche si sommano e si mescolano con quelle politiche (dalla Brexit alla presidenza Trump).

Va quindi completata e portata a termine rapidamente le riforma delle relazioni industriali, della contrattazione e della rappresentanza; vanno sfruttate fino in fondo, anche a vantaggio dell’occupazione, tutte le opportunità di rilancio dell’economia e della competitività offerte dalla legge di Bilancio 2017 e, infine, si deve pretendere dal Parlamento una urgente legislazione a sostegno della partecipazione dei lavoratori nelle aziende.

Il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e l’accordo quadro sui contratti del Pubblico Impiego facilitano il raggiungimento di questi obiettivi.

Dobbiamo tirarci su le maniche per sostenere un Paese che, ancora una volta, è rimasto senza quella riforma del suo ordinamento della quale, continuiamo ad essere convinti, ha assoluta necessità.