Piccolo è bello, per troppi “grandi”
C’è un piccolo che è veramente bello per tanti “grandi”.
Piccoli - poco più di puntini nella carta geografica – sono infatti quella decina di staterelli che hanno assunto come loro missione il compito di preservare dalle tasse, tenere al sicuro dagli eventi e far fruttare nel modo più redditizio, i soldi di tanti, troppi, grandi di tutto il mondo: politici e governanti, artisti e sportivi, criminali e imprenditori che hanno in comune l’essere ricchi o ricchissimi.
Sono i cosiddetti “paradisi fiscali” che la vicenda Panama Papers ha riportato alla ribalta delle cronache internazionali. In questi paradisi Adamo ed Eva non c’entrano proprio nulla e pure il serpente fa la figura del poveraccio. Qui i frutti dei peggiori peccati del potere, del crimine, dell’evasione fiscale, della malversazione, sono coccolati e trattati con i guanti. Altro che “i schei i xe schei”.
La bellezza di questi posti sta nella pacifica convivenza tra le ricchezze illegittime di chi, dall’alto, sostiene conflitti militari o commerciali, governa parti enormi del mondo con opposte e confliggenti ideologie, di chi si presenta come eroe nazionale e delle migliori virtù umane ma non delle leggi e del fisco del suo Paese.
Beninteso: siamo i primi a non credere a tutto ciò che ci viene proposto come verità assoluta, a non prendere per buone tutte le liste di nomi che sono girate e che saranno portate all’attenzione dell’opinione pubblica.
Ma, fatti salvi Tizio o Caio che non c’entrano per nulla, ci chiediamo come mai, ancora oggi, i governi di Trinidad e Tobago, della Liberia o del Guatemala, possano continuare ad infischiarsene delle decisioni assunte dal G20 e dalla OCSE, in pratica di tutte le grandi potenze economiche e militari del mondo, per avere trasparenza ed informazioni automatiche su questi passaggi di denaro.
Eppure i danni prodotti all’economie dei paesi da cui i soldi scappano sono ingenti, anche per i soli mancati introiti fiscali. Se poi ci aggiungiamo quelli derivati dalle coperture offerte alla grande criminalità (a partire dal narcotraffico), alla corruzione e alla illegalità, il conto si fa ancora più lungo, va oltre la partita economica e tocca le questioni della democrazia, della libertà e del benessere di molti popoli.
Per molto meno abbiamo assistito alla invasione di Stati ben più grandi e potenti. Dove sta la differenza allora?
L’idea che ci siamo fatti, anche scorrendo le liste dei nomi coinvolti, è che a troppi grandi della Terra - quelli che controllano le “stanze dei bottoni” - amino avere la certezza di poter contare su uno spazio, magari piccolo, di questo mondo che sia intoccabile, sicuro e a prova di qualsiasi conflitto, dove depositare le proprie ricchezze per godersele, non si sa quando, dove e come.
Per chi vive, come noi, con il suo stipendio, magari anche un buon stipendio, è difficile immaginare cosa può fare una persona con miliardi di dollari o di euro a disposizione.
Alcuni anni fa si scoprì che un imprenditore italiano molto anziano aveva accumulato in uno dei numerosi paradisi fiscali d’Europa qualche decina di milioni di euro grazie all’evasione fiscale. A che gli servivano? Non lo sappiamo.
Quello che sappiamo invece è che troppi “grandi” sono molto piccoli e per niente belli.