Pensioni: raddrizzare le due gambe del sistema previdenziale

Sabato, 02 aprile 2016

Il cantiere della previdenza è tutt’altro che chiuso. Gli interventi legislativi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni (è del 1995 la riforma Dini) hanno ripetutamente messo mano a tutta la complessa costruzione dell’edificio previdenziale e pensionistico, anche nelle sue fondamenta con il passaggio, oramai completato, dal retributivo al contributivo. Nonostante questo siamo ancora ben lontani dall’aver assicurato ai lavoratori un percorso previdenziale che li porti ad una pensione dignitosa. Anzi, dopo l’ultima riforma, la Monti-Fornero, il quadro di prospettiva è peggiorato perché si è pesantemente manomesso anche la gamba collettiva - pubblica della previdenza (quella privata- complementare possiamo dire che non è mai veramente partita).

Certamente i conti sono in ordine da qui a trent’anni e anche oltre. Il sistema è sostenibile, ma non sarà però in grado di sostenere i bisogni di buona parte dei futuri pensionati. Come dire: è tutto a posto ma non funziona niente.

Per capire meglio questo paradosso basta dare una risposta a questa domanda: un giovane lavoratore può sentirsi sicuro che, rispettando determinate regole, potrà contare da anziano su una pensione adeguata? La risposta è no, non può esserlo (a meno che non appartenga a qualche gruppo privilegiato). Il combinato disposto tra calcolo contributivo, coefficienti di rivalutazione in controtendenza rispetto all’allungamento della vita e vuoti lavorativi produce (sempre più con il passare del tempo) pensioni basse. Se questo è il futuro prossimo dobbiamo anche considerare che oggi il sistema è “freddo” rispetto alle problematiche a cui dovrebbe dare risposte. Basti pensare a tutto il tema dei lavori usuranti e dell’allontanamento progressivo dell’età di pensionamento. Oppure ai lavori senza un reale accumulo previdenziale: quelli pagati a voucher, i part time, quelli domestici e quelli a bassa retribuzione.

L’operazione Busta Arancione che l’Inps si appresta ad avviare, sotto questo profilo, altro non è che un vero e proprio “pacco” informativo: la pensione ipotetica viene calcolata sulla base di criteri fiabeschi (una carriera lavorativa senza interruzione, paga fissa, PIL nazionale in crescita costante, ecc.): nemmeno i fondi privati per vendere i loro prodotti fanno i calcoli in questo modo.

Cosa produrrà quindi l’attuale sistema previdenziale? Produrrà un sistema pensionistico squilibrato, iniquo dove la maggior parte delle pensioni pubbliche saranno insufficienti e così anche quelle complementari (che saranno comunque appannaggio di una minoranza fortunata).

Possiamo immaginarlo come una brutta fotocopia di quello attuale.

Ecco perché è necessario un intervento forte che, senza perdere altro tempo ancora, ne raddrizzi entrambe le gambe. Solo così la pensione tornerà ad essere una meta realistica e motivata per tutti. Anche di questo ha bisogno un Paese, una comunità per credere nel suo futuro e per restare coeso e solidale.