Occupazione: il Veneto accenda il terzo motore

Sabato, 25 aprile 2015

Nei giorni scorsi, facendo ricorso alla metafora, il ministro Poletti ha paragonato i due interventi sul lavoro, agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato e nuove regole sui licenziamenti, come due motori che, accesi, dovrebbero dare propulsione all’occupazione: più posti di lavoro e più “buon” lavoro. I numeri segnalati da Inps e Ministero del Lavoro indicano ora che nei primi mesi del 2014 si assume di più (rispetto agli anni scorsi) con contratto a tempo indeterminato. Veri segnali di ripresa o tutta propaganda?
Noi riteniamo buona la prima, se non altro per il fatto che questa inversione di marcia era già stata registrata in Veneto: 35mila assunzioni di questo tipo in più rispetto allo stesso periodo del 2014 testimoniano sicuramente una ripresa della “buona occupazione”.
Nelle prossime settimane, ha aggiunto Poletti, si saprà se, e in che misura, sono anche posti di lavoro in più.
Le notizie buone sono quindi due: la prima è che questo governo comincia a dare seriamente i “numeri” che misurano gli effetti dei provvedimenti messi in campo. Non è infatti questa la normale prassi di chi governa o amministra.
La seconda sta proprio nella rivitalizzazione dei buoni contratti di lavoro. In Veneto, prima della crisi una assunzione su 4 era a tempo indeterminato, lo scorso anno eravamo scesi ad una ogni 8, lasciando spazio alle tipologie occupazionali più precarie.
Facendo ricorso alla metafora il ministro Poletti ha paragonato i due interventi sul lavoro, agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato e nuove regole sui licenziamenti, a due motori che, accesi, dovrebbero dare propulsione all’occupazione: più posti di lavoro e più “buon” lavoro.
Noi riteniamo che, per quanto possano funzionare bene, questi due motori non sono sufficienti a sfruttare al meglio ai fini occupazionali le condizioni economiche generali favorevoli: in Veneto dobbiamo ripartire da meno 130mila posti (100mila persi, 30mila congelati nella Cassa Integrazione).
Per questo va messo in moto (per meglio dire: va messo il turbo) al terzo motore: quello della contrattazione aziendale e territoriale. E’ compito delle parti ma il governo può fare molto per incentivarla o sfavorirla.
Ad esempio rifinanziando le detassazione del salario di produttività perché i fondi disponibili sono pressoché esauriti. Questa agevolazione ha facilitato centinaia di accordi aziendali che hanno dato maggiore competitività alle nostre aziende, ripristinati gli utili, favorito nuovi investimenti, garantito il lavoro e, in alcuni casi, anche allargato l’occupazione. Rifinanziare ma anche rendere strutturale questo minor prelievo fiscale, magari legandolo anche al parametro nuova occupazione, non toglie nulla al fisco dato che parliamo di salario che altrimenti non ci sarebbe.
In questa logica deve anche andare la nuova regolamentazione dei contratti di solidarietà (in Veneto ne abbiamo sottoscritto un quinto di tutti quelli attivati in questi 6 ultimi anni) rendendo praticabile anche la versione “espansiva”.
Anche la mutualità bilaterale può dare un forte contributo alla crescita occupazionale. In Veneto ha prodotto incentivi per le aziende che assumono e che qualificano da una parte e, dall’altra, l’unico Fondo Pensione (Solidarietà Veneto) che investe nelle PMI locali.
Se poi, come i tempi vorrebbero, non si gioca più con le mezze misure, è ora di dare spazio a relazioni sindacali improntate sulla partecipazione. Una parte importante del mondo del lavoro è matura e pronta a compiere questo passo fondamentale. A Vicenza si è sottoscritto un accordo tra sindacato e Confindustria e, rispetto a quanto già si pratica nella gran parte delle aziende venete, specie manifatturiere, non si tratterebbe di una forzatura. Sta al governo scrivere, insieme alle rappresentanze del lavoro, una legge adeguata.
Quando diciamo che non tutto si risolve a Roma intendiamo soprattutto questo.