Le vittoriose sconfitte

Venerdì, 17 marzo 2017

La decisione del Governo di procedere alla cancellazione dei voucher può essere salutata con una vittoria. Certamente lo è per chi ha promosso il referendum e chi ne ha sostenuto le finalità in sede politica e parlamentare, anche forzando sulla stabilità del governo.
Siamo certi però che il giorno dopo l’entrata in vigore del provvedimento di legge che sancirà la loro scomparsa non ci saranno grandi festeggiamenti.
La eliminazione dei buoni lavoro non ha infatti come conseguenza anche quella dei piccoli lavori occasionali. Il cameriere domenicale e la cassiera dei giorni festivi non saranno sostituiti da lavoratori con contratto a tempo indeterminato. La domestica che ci viene a fare le pulizie di casa due ore alla settimana non la assumeremo a tempo pieno. Il giovane che per qualche giorno trova lavoro alla fiera o nelle manifestazioni sportive non vedrà sostituiti gli scontrini dei voucher con una busta paga.
Ecco perché la cancellazione dei voucher è una sconfitta, in primo luogo per chi si batte, e non a parole, per contrastare il lavoro nero.
Una sconfitta favorita da chi aveva stravolto i loro caratteri originari (e quindi le loro finalità) che sono ben descritti a pagina 62 del “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità”, capitolo “Lavoro regolare”, pubblicato nel 2001 e coordinato da un giuslavorista di valore, Marco Biagi, assassinato dalle Brigate Rosse il 19 marzo di 15 anni fa.
Uno stravolgimento progressivo che ha avuto il suo punto di svolta nella riforma Fornero del 2011 che, cancellando dalla normativa il requisito della occasionalità, diede la stura all’abuso nelle forme più svariate dei buoni lavoro, fino a renderli strumenti in grado di destrutturare il lavoro dipendente e coprire il lavoro nero: lo snaturamento delle loro finalità originali.
Il governo, come ha dichiarato il presidente Gentiloni, si è dichiarato cosciente che ora bisogna trovare rapidamente nuovi strumenti per regolare il lavoro saltuario e occasionale. Ci chiediamo però se ci saranno le condizioni politiche e le maggioranze parlamentari necessarie per farlo.
Non vorremmo che si ripetesse quello che è successo con un’altra grande vittoriosa sconfitta: quella che ha bocciato la riforma della Costituzione. Anche in questo caso non abbiamo assistito a chissà quali festeggiamenti popolari dopo la vittoria nel No. Il tema è stato invece rimosso da tutte le agende politiche. Eppure fino al 4 dicembre sembrava che riformare le istituzioni repubblicane fosse una priorità per tutti.
Di questi tempi non abbiamo proprio bisogno di queste vittorie.