L’anno dell’equità

Sabato, 31 dicembre 2011

Il prossimo sarà il 151° anno dell’Italia unita.
Che sia unita (una unica entità) ce lo ha ricordato, ogni giorno di questo interminabile 2011 la crisi che ha spazzato via posti di lavoro, aziende e benessere senza badare a meridiani e paralleli. A tutti noi ha rinfacciato il debito pubblico, una scarsa affidabilità nel sanare i conti, le politiche dello scialacquare, lo scialacquare della politica.
Ma la stessa sberla ha un effetto completamente diverso se a prenderla è una persona robusta ed in salute piuttosto che un’altra, gracile e debole. Le azioni della Borsa hanno un valore ridotto di un quarto rispetto agli anni pre-crisi: i grandi titolari di questi valori non ne saranno certo felici. Ma non c’è paragone con chi invece ha perso il lavoro e vive della indennità di disoccupazione.  L’Italia è quindi un unico Paese,  il che non vuol dire che sia un Paese di eguali.
Gli anni dello sviluppo hanno allargato la forbice tra i ricchi e le persone normali: operai, impiegati, pensionati. Non è una affermazione moralistica ma un dato della Banca d’Italia. Ora gli anni della crisi sembrano destinati a accrescere ancora di più lo spread sociale. C’è però una grande differenza rispetto a quelli passati. Negli anni dello sviluppo pochi hanno avuto (si son presi?) tantissimo mentre a tanti è arrivato qualcosa. In questi della crisi invece qualcosa vien tolto ai primi ma molto si sta prendendo agli altri, a volte fin troppo.
Nel 2012 questa divisione potrebbe diventare ancora più profonda. Le numerose manovre finanziarie messe in atto dai due ultimi governi incroceranno le loro misure andando a stringere la cinghia della spesa pubblica nazionale e locale, a ridurre le risorse destinate ai servizi sociali, ad aumentare il prelievo fiscale.
Diciamo “potrebbe“ perché questo approfondimento delle disparità non è l’unica via percorribile.
Ce n’è un’altra: quella della equità. Sappiamo che non è facile da praticare per molti motivi, a cominciare da quello banale ma rilevante, che per fare equità bisogna conoscere le misure di tutti. Ne ha accennato anche lo stesso Monti nei giorni scorsi. Come si fa a distribuire i pesi ed i contrappesi se non si sa di quanto realmente dispone ogni cittadino, ogni famiglia? E’ l’ennesima conferma che la madre di tutte le rivoluzioni sociali è, in tutta Italia, quella fiscale imperniata su una drastica riduzione dell’evasione.
Non si può però mettere l’equità in coda. In tempi di sacrifici (veri) è l’equità che tiene unita una comunità: essa è il sale della coesione sociale. E la coesione è la prima risorsa per uscire dalla crisi.
Ci batteremo fino in fondo affinché il 2012 sia quindi l’anno dell’equità. Non dipenderà solo dalla nostra capacità di modificare e migliorare alcune scelte inique già fatte dal governo e dal Parlamento. La Regione ed i Comuni veneti sono, e saranno ancor di più, chiamati a fare la loro parte.
Il 151° anno dell’Unità d’Italia deve essere l’anno che unisce ancor di più gli italiani con il collante dell’equità. E noi, qui in Veneto, non staremo a vedere. Perché, come deliberato dal governo della Repubblica di Venezia (1848) nel tricolore “si professa la comunione italiana- e- il Leone è simbolo speciale di una delle italiane famiglie”.