Il nostro prossimo congresso

Martedì, 20 dicembre 2016

A maggio celebreremo il XII congresso regionale, parte integrante del percorso che porta la Cisl alla sua 18a assise nazionale.

“Andare a congresso” per una organizzazione come la Cisl - che qualcuno ha descritto come simile ad un consorzio di artigiani, altri ad un arcipelago e altri ancora una  “organizzazione a legame debole” - è tutto fuorché una formalità, specie se l’obiettivo è quello di coinvolgere decine di migliaia di iscritti (in Veneto oltre 400mila) e migliaia di delegati.

Si partirà dalle assemblee nei posti di lavoro (fabbriche, cantieri e uffici) e dalla convocazione delle assemblee locali dei pensionati. Poi, nel giro di pochi mesi, le assise congressuali vere e proprie: in Veneto se ne svolgeranno 60 (tra sindacati di categoria e unioni territoriali) prima di quella dell’Unione Regionale fissata per il 10 e 11 maggio.

Di che si parlerà, che decisioni saranno assunte? La risposta si trova tornando indietro di qualche anno.

Nel 2009, di fronte ai primi segnali del “terremoto crisi” -  che non tutti volevano riconoscere- con il nostro X Congresso invitavamo ad un patto per farvi argine. Lo slogan che campeggiava alla Fiera di Verona, riecheggiante l’Inno dei Lavoratori,  era “Noi vivremo del lavoro” a sottolineare che non c’erano alternative.

Quattro anni dopo, nel 2013, con la recessione che aveva raggiunto il suo acme, la Cisl veneta si assunse il compito di negoziare lo sviluppo e di redistribuire il reddito, tutelando i deboli, mettendo “prima di tutto il lavoro, perché, citando Immagine di John Lennon, “Il lavoro è vita”.

E il lavoro rimarrà al centro anche di questo prossimo congresso che si svolge in un Veneto che, nel frattempo, sta uscendo dal tunnel della crisi economica ed occupazionale. Il che è già una svolta o, se vogliamo, l’accenno di una svolta.

I precedenti congressi ci hanno dato le idee e la direzione per la nostra azione quotidiana. La contrattazione nuova nei posti di lavoro che ne ha tamponato la perdita e rilanciato la produttività; il  sostegno alle politiche che abbiamo ritenuto utili alla ripresa; l’impegno per mantenere solida la coesione sociale, a partire dalla solidarietà nel mondo del lavoro.

Per delineare la prossima agenda per il lavoro dobbiamo però partire da una considerazione: il Veneto da tempo percorre, contemporaneamente,  due strade divergenti e che possono diventare confliggenti.

La prima è quella che porta verso una regione chiusa, murata in se stessa perché si immagina  - e quindi  agisce -  come una minoranza che - nonostante le sue virtù - rimane inascoltata e vessata. Una regione che ha come unica prospettiva e speranza un “far da sé” che funziona solo se non viene inquinato/infiltrato dall’esterno (dal  foresto): che sia lo Stato, l’Europa e l’euro, il migrante, la fede non autoctona, la grande infrastruttura e così via. E’ il Veneto (ci sia permessa la distorsione) a chilometro zero.

L’altra è tracciata dalla forza degli eventi economici e sociali. Dalle imprese che operano a livello internazionale, dall’export, dal turismo che richiama gente da tutto il mondo, dalla necessità di integrarsi nella competizione mondiale. Un Veneto che è consapevole della sua forza e che non teme gli stress sociali e finanziari. E’ il Veneto collegato e comunicante con il mondo, che costruisce ponti tecnologici, culturali, imprenditoriali.

Noi tifiamo per questo Veneto aperto e connesso perché siamo convinti che il lavoro che ci è mancato non lo recuperiamo chiudendoci – semplicisticamente - in casa ma solo percorrendo senza sosta le complesse connessioni che stanno cambiando il mondo.