Politica: la bufera perfetta

Giovedì, 28 febbraio 2013

Politica: la bufera è dunque arrivata. Gli allarmi si sono rivelati più che giustificati anche se le previsioni non ne hanno azzeccata una.

Prendiamo il caso del nostro Veneto, regione tra le meno turbolente sotto il profilo sociale: l’elettorato (che è andato a votare appena un po’ meno dell’ultima volta) si è espresso senza possibilità di fraintendimento.

Consideriamo i risultati del Senato, dove vota l’elettorato più “stagionato”. I vecchi partiti, le cui liste erano già presenti nelle scorse elezioni politiche, ma anche in quelle regionali (8 sulle 23 riportate nella scheda elettorale), hanno perso quasi un milione di voti (949.527 per la precisione), il 38 per cento del patrimonio di voti conquistati nel 2008, cinque anni fa, prima della crisi, prima del crollo della fiducia nella politica, prima della fine di alcune grandi speranze (illusioni?) come il federalismo, l’autocrazia nazionale e delle promesse (bugie?) non mantenute: la riduzione delle tasse, la fine della corruzione, la riduzione della burocrazia.

I tre grandi partiti della cosiddetta Seconda Repubblica (Pdl, Lega e PD) che nel 2008 avevano, messi insieme, il quasi monopolio dei voti validi (82%) ora superano di poco il 50 per cento (hanno il 53%, sempre per essere precisi).

Un milione e duecentomila elettori della nostra regione ha preferito il nuovo: il Movimento 5 Stelle in primo luogo, poi la lista Monti (ma non i due corollari) e qualcosa è andato anche alle liste minori.

Ma la Seconda Repubblica non finisce solo con una semplice tempesta: quella che è arrivata è la bufera perfetta. Non solo penalizza i partiti che ne sono genitori e figli (non scordiamoci di quelli spazzati via) ma, grazie ad uno dei suoi frutti più velenosi, la legge elettorale del Porcellum, ha perpetrato l’ingovernabilità del Paese: al Senato non c’è una maggioranza che abbia un minimo di comun denominatore.

Aggiungiamo che tra breve non avremo più nemmeno la guida, sempre più autorevole e necessaria, del Presidente della Repubblica a cui scade il mandato.

Non manca, tanto per completare il quadro, chi sorride soddisfatto dei risultati elettorali ottenuti senza spiegarci chi governerà il Paese.

Ciò che in molte sedi, a cominciare da quelle europee, si temeva di più si è materializzato: l’ingovernabilità dell’Italia, una forza economica mondiale.

Una situazione paradossale: in Grecia c’è stato prima il crollo dell’economia e poi quello dei partiti, in Italia si sono raddrizzati i fondamentali (grazie al governo tecnico) ma è sprofondata la politica.

C’è una via d’uscita? Noi pensiamo che si possa fare tesoro di questo terremoto a condizione che la politica, i partiti in Parlamento, gli stessi eletti (neofiti o abitudinari dei Palazzi) scelgano di dare corso alla richiesta di cambiamento: riduzione dei costi della politica, riduzione dei livelli amministrativi, regole per la trasparenza e la moralità nella gestione della cosa pubblica. Ci sarebbero così anche le risorse per andare a ridurre le tasse tenendo sotto controllo il debito pubblico. Soprattutto si darebbe fiducia a quella grande maggioranza degli italiani che si aspettano, da anni, queste scelte.

Sarebbe una bella prova di responsabilità che farebbe bene a tutti, specialmente a chi ogni giorno paga sul serio lo scotto della crisi. Perchè è della crisi che ci si deve occupare, tutti.

Chiediamo troppo? Crediamo di no. Ma questo sarà il nostro metro con cui misureremo leader e gregari, politici navigati ed esordienti, a cominciare da quelli eletti in Veneto. Ai vecchi spetta fare il primo passo, ai nuovi non permettere che possano ritirarlo. E dovremo magari ringraziare la perfezione della bufera.