Campata in aria

Martedì, 24 febbraio 2009

Tra tutte le discussioni che si incrociano in questo periodo di crisi quella sul blocco o meno del flusso degli immigrati merita senza dubbio il premio "campata in aria".
La domanda su cui ci si tormenta è questa: visto che siamo in crisi, dobbiamo accettare o no l'arrivo di nuovi immigrati?
Nel puro piano teorico la domanda è più che lecita, così come le diverse possibili risposte. Nel piano pratico le cose sono completamente diverse.

Prima di rispondere a quella domanda infatti bisogna considerarne un'altra: fermare (o, più semplicemente, rallentare) l'immigrazione è possibile?
Come atto di volontà sembra proprio di no . Con la legge si può unicamente intervenire solo sulla immigrazione regolare ad esempio bloccando gli accessi previsti dai Decreti Flussi e avendo come risultato la presenza dello stesso numero di immigrati ma con più irregolari. Come tutti sanno infatti, a cominciare dal Ministero degli Interni, i Decreti Flussi sono nei fatti soprattutto sanatorie. Lo erano prima della Fini- Bossi e continuano ad esserlo oggi, 6 anni e più dopo la sua entrata in vigore.
Siamo anche convinti che così sarà anche se le leggi e le prassi saranno più "cattive" .

L'altra possibilità di fare qualcosa di concreto per ridurre il numero degli immigrati è quello di incentivare il loro rientro in patria. Ma questa ipotesi è stata tranciata di netto da due fatti: si è cancellato l'incentivo economico ottenuto con restituzione della quota personale dei contributi Inps versati ma soprattutto si è fatto in modo, con le varie norme di legge, che il ritorno in patria, anche per un periodo di tempo limitato, comporti automaticamente la decadenza del permesso di soggiorno in Italia.
Dunque, da una parte, niente incentivi (abbiamo bisogno dei contributi previdenziali di tutti per pagare le pensioni) e dall'altra permessi di soggiorno difficilissimi da ottenere, costosi da mantenere, complicati da gestire e a flessibilità zero.

Viene spontanea quindi una considerazione: le politiche di controllo e contenimento della immigrazione (indipendentemente se fondate o meno nei presupposti) hanno ottenuto effetti esattamente contrari a quelli perseguiti.

E allora?
Allora bisogna tornare a guardare i fatti per quel che sono. L'ingresso di lavoratori stranieri compensa la carenza di lavoratori italiani dovuta al calo demografico: nella nostra regione dal 1991 al 2001 (dati censimento) il numero degli stranieri in età di lavoro è cresciuto esattamente quanto è diminuita la popolazione italiana nella stessa età: 100.000 unità.
Il lavoro degli immigrati copre mestieri ed attività che non sono più ricercati dagli italiani: edilizia, lavoro domestico e servizi, settori interi che senza stranieri avrebbero chiuso i battenti o procederebbero molto lentamente (Passante compreso).

La crisi, e soprattutto i suoi effetti nella occupazione, renderà fragile, per un periodo di tempo, questo equilibrio. Probabilmente disincentiverà l'arrivo di nuovi immigrati dai Paesi della UE (romeni, polacchi, ecc.) ed il ritorno di patria di una parte di quelli che sono già qui, visto che la loro presenza regolare non è legata a permessi come per gli extracomunitari.

Come abbiamo già detto, la crisi conferma la necessità di pensare ad una diversa legislazione in questa materia che permetta di riportare dentro la legalità l'ineludibile processo di immigrazione verso il nostro Paese.

In tutti i casi sono inconcepibili politiche anti-immigrati (che sembrano solleticare le fantasie di qualche amministratore locale): nessun straniero farà per questo le valigie, ma di sicuro avranno l'effetto di disfare quel bene primario che è la coesione e la convivenza sociale.

Franca Porto, segretaria generale Cisl Veneta

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