25 maggio: votiamo per l’Italia del lavoro

Venerdì, 23 maggio 2014

Domenica si vota per rinnovare il Parlamento dell’Unione Europea. Una votazione verso la quale siamo particolarmente sensibili al punto da accantonare la consolidata discrezione con cui affrontiamo le scadenze elettorali ed esprimerci nel merito con molta chiarezza.

Ma prima di arrivare al merito c’è una premessa da fare: la Cisl è nata con una scelta fortemente europeista. Nel suo discorso all’Assemblea costitutiva (30 aprile 1950) Pastore si espresse con parole inequivocabili “Noi siamo per 1’unità europea perché i lavoratori hanno istintivamente una visione contraria a qualsiasi impostazione di sapore nazionalistico”, chiedeva pertanto libera circolazione delle merci ma anche dei lavoratori. Nel corso dei decenni successivi non abbiamo cambiato idea, anzi: critichiamo (come allora) l’Europa solo perché non c’è n’è abbastanza.

Veniamo quindi al dunque. E’ indubbio che i risultati del voto di domenica saranno letti nella loro versione domestica (come lo è stata in gran parte la campagna elettorale). Sappiamo però che il loro vero effetto lo si avrà nelle politiche della UE: seppur debole nelle sue prerogative, il Parlamento europeo è uno snodo centrale per le decisioni che riguardano la vita dei cittadini dell’Unione. Il voto poi influirà sulle scelte dei governi nazionali che decidono in forma consortile le politiche dell’Unione tramite quella Commissione Europea che sarà guidata nei prossimi 6 mesi proprio da un italiano.

E’ altrettanto certo che l’Unione debba cambiare direzione di marcia in materia di sviluppo e crescita anche perché non può permettersi che la ripresa riguardi solo una parte delle sue regioni (Stati) e dei suoi cittadini. Il rigore, da solo, non basta più e l’alternativa non è il ritorno al libero debito pubblico ma in ciò che potremo definire una “rigorosa politica di crescita” che in l’Italia si può tradurre, ad esempio, in “uso completo ed efficace dei fondi comunitari disponibili”.

Rispetto a questa prospettiva le formazioni politiche che gareggiano nella ripartizione dei 73 seggi di Strasburgo (interessante la posizione di chi chiede di portare tutto a Bruxelles per risparmiare ma qui vuole tenersi Camera e Senato…) si possono suddividere in due categorie: quelle che vogliono cancellare l’UE (no Euro, no Trattati, rafforzamento delle frontiere nazionali) e quelle che puntano a rafforzarla cambiandone però la politica e anche i connotati (istituzioni e regole)

Tra le formazioni “antieuropee” prevalgono quelle che non appartengono ad alcuna delle grandi famiglie politiche europee ed internazionali. Porteranno all’assise europea rappresentanti che non potranno fare alleanze strategiche, lobby, sui grandi temi. Rimarranno, in tanti o in pochi, isolati e non saranno in grado di influire sulle scelte che ci interessano, nemmeno quelle per le quali hanno chiesto il voto. Forse potranno organizzare delle messe in scena (come succede sempre di più nel nostro Parlamento) che noi italiani magari vedremo in Tv ma che difficilmente attrarranno l’attenzione dei nostri concittadini di Amburgo, Parigi o Barcellona.

Non possiamo però essere contenti di questa loro “ininfluenza”. Chi vive del suo lavoro, specie se appartiene a Paesi, come l’Italia, dove il lavoro va ricostruito, ha bisogno di avere rappresentanti ascoltati e produttivi nel loro ruolo.

Forse una parte dei lavoratori, compresi i veneti, non ha più per istinto quella “visione contraria ad ogni nazionalismo” come affermava Pastore. Ma ciò che non arriva dall’istinto può giungere dalla ragione: fuori dall’Europa unita l’Italia, e ancor più il Veneto, del lavoro sono destinati ad un rapido declino. Con una Unione che batte il passo il declino arriverà comunque, anche se più lentamente. Serve dunque più europeismo, più Europa, più Unione.

Per questo sollecitiamo i lavoratori occupati, disoccupati o in pensione, a partecipare al voto e di dare, liberamente, il proprio sostegno a quelle formazioni politiche che si riconoscono in questa impostazione.

In Europa votiamo per il lavoro e per l’Italia che vuole crescere.