30° di Ezio Tarantelli. I forti hanno ancora paura dell’utopia dei deboli?

Venerdì, 27 marzo 2015

Ezio Tarantelli concludeva il suo saggio “Lo scudo dei disoccupati” (pubblicato da “Politica ed economia” nr 2 del 1985 e anticipato da articoli apparsi su La Repubblica a partire dal 1 maggio dell’anno prima) con queste parole “La sinistra europea, a partire da quella italiana e francese, è la sola forza capace di mettere in crisi il blocco conservatore in Germania ed in Inghilterra rafforzando, in nome dello scudo dei disoccupati, un’opposizione che in questi paesi esiste ancora. L’attacco alla disoccupazione è un obiettivo tanto nobile per questa sinistra quanto indigesto per quei governi che oggi frenano la ripresa e la spinta europeista. Per questo, l’attacco alla disoccupazione sulla base che ho cercato di delineare non costituisce solo il primo passo per l’unione europea ma anche, forse, una linea politica per l’unione della sinistra in Europa.
E’, questa sono utopia? L’utopia dei deboli, non è forse, la paura dei forti?”.
Aggiorniamo e traduciamo tutto alla economia e alla politica odierna e chiariamo che lo “scudo dei disoccupati” era, semplificando molto, una moneta pre-Euro (l’ECU) che si doveva stampare e spendere per riportare il numero dei disoccupati europei entro la media del 10% assegnando al Fondo Sociale Europeo il compito di ripartirla proporzionalmente al numero di senza lavoro presenti in ogni paese. Fatto ciò ci appare subito, in tutta la sua forza e lungimiranza, la spinta propulsiva, utopistica ma concretissima del pensiero di Tarantelli. Si usa dire la sua “attualità”. Ma qui siamo al limite del profetico.
Tarantelli, i suoi studi, le sue provocazione in materia di economia e lavoro erano, per la Cisl di quei tempi, un punto di riferimento e di ispirazione che nemmeno i 20 colpi di mitraglietta sparatigli a freddo da un commando delle Brigate Rosse che ne stroncarono la vita il 27 marzo del 1985, riuscirono ad offuscare.
A distanza di trent’anni si leggono ancora biografie frettolose su di lui e in particolar modo sulla sua idea, fatta propria dalla Cisl, di predeterminare i punti di scala mobile per raffreddare l’inflazione galoppante (20%) che erodeva i salari reali, bruciava posti di lavoro ed emarginava i deboli. Troviamo ancora testi dove si parla di “taglio della scala mobile”: residuati di uno scontro politico-ideologico (trasferitosi poi anche a livello sindacale) che prese il via subito dopo il decreto di San Valentino del 14 febbraio 1984 e che spaccò il sindacato, i partiti della sinistra e l’opinione pubblica. Eppure Tarantelli continuò a riporre la sua fiducia sul sindacato, sulla sinistra, sull’Europa unita e soprattutto sulla supremazia degli interessi sociali (la lotta alla disoccupazione) rispetto a quelli di potere politico-partitico.
Nonostante tutto, nonostante le diversità che sempre più fortemente caratterizzano il sindacato confederale, i contrasti e le contrapposizioni che dividono le forze che più dovrebbero essere vicine ai deboli, il conservatorismo che determina anche oggi molte scelte dell’Unione Europea, l’avanzare di visioni politiche antisolidaristiche, noi restiamo convinti che l’utopia dei deboli faccia ancora paura ai forti.
I disoccupati ci sono, e sono tornati ad essere ancora tanti. Sta a noi rappresentarne le attese e le speranze, indicando e costruendo un percorso che produca per loro lavoro e dignità.
E per farlo ci vuole l’intelligenza, la fatica critica, l’ottimismo e la determinazione senza timori di Ezio Tarantelli.